calabria: isola di capo rizzuto e dintorni
L'estate non è estate se non è mare. Quest'anno le vacanze estive ci hanno condotto verso il mare calabro di Isola di Capo Rizzuto, un mare verde cristallino circondato da sabbie color cannella. Isola è un paese di quasi 18 mila abitanti che si trova in provincia di Crotone ed è circondato dal caldo mar Jonio. Si trova non molto lontano dal suo capoluogo di provincia ed è una meta turistica ambita soprattutto per la località de Le Castella.
Un po' di storia. La città di Isola venne fondata nel 900 d.C. con il toponimo greco di "Asylon" sotto l'Impero Romano d'Oriente. Per colonizzare quelle terre a quel tempo scarsamente popolate, l'imperatore Leone VI istituì una nuova diocesi sede vescovile e concesse ad alcuni perseguitati politici di trasferirsi in Calabria; da qui il nome di "Asylon", terra dove nessuno poteva essere perseguitato: "asilo" più che isola. Il paese crebbe intorno al 1090 quando fu nominato vescovo San Luca il Grammatico che divenne famoso per la sue erudizione: in questo periodo venne ritrovata l'icona della Madonna Greca e ci fu un aumento demografico dovuto all'arrivo di famiglie dall'Oriente. Durante il periodo normanno (1060-1194) , la diocesi di Isola mantenne i suoi privilegi e la possibilità di mantenere il rito greco nelle liturgie purché venisse pagato un dazio alla diocesi latina di San Severina. Il rito greco venne mantenuto fino al 1818 quando la diocesi venne soppressa e accorpata a quella di Crotone.
Monumenti e luoghi di interesse. Nel borgo di Isola, a circa 5 km dal mare, ci sono i resti di un complesso fortificato cinquecentesco del Castello feudale, resti di torri quadrilatere speronate, l' "Orologio", la Porta del borgo medievale, sormontata da una torretta dell'orologio posteriore che divide la zona antica da quella moderna.
Capo Rizzuto. Abbiamo trascorso due settimane spensierate in una casa situata in una collina che costeggia le acque limpide del mare di Capo Rizzuto, un piccolo borgo costituito da case di vacanza tutte diverse che rendono il paesaggio variegato. Le spiagge sono costituite da sabbie argillose che delineano un arco di circonferenza lungo un km circa: ci sono pochi lidi privati tra cui il lido Mojito dove abbiamo potuto beneficiare di un buon servizio. L'arco inizia a Nord con la nostra scaletta di accesso al mare costeggiata da speroni rocciosi e a sud con la "Torre Vecchia", una torre cilindrica, eretta nel sec. XVI a guardia della costa contro le incursioni barbariche. In questa località è presente il Santuario della Madonna Greca, dedicato alla protettrice dell'Isola, semplice e maestoso, di recente costruzione (la prima pietra è stata posta nel 1991).



La casa sul mare



Le spiagge di Capo Rizzuto






Il Santuario della Madonna Greca

La "Luna" di Isola

La "Torre Vecchia"

L'"Orologio"
Le Castella. Il comune di Isola, oltre alle spiagge di Capo Rizzuto, ospita un posto turistico davvero incantevole: Le Castella.
E' un borgo costiero noto per la sua fortezza, di probabile origine magnogreca, protesa su una piccola penisola sul mare e per le sue coste costituite da spiagge e scogliere di vario tipo. il nome "Le Castella" è latino, la designazione al plurale non è ben chiara e potrebbe essere dovuta ad una credenza/leggenda secondo cui nel luogo vi fossero costruite molte fortificazioni o abitazioni edificati su un arcipelago scomparso o sulla terraferma. Questa idea può avere delle basi fondate visto che in alcune secche al largo del mare, vi sono evidenti resti sottomarini di fabbricati antichi come ruderi di insediamenti. Altra ipotesi è che il nome si riferisca al territorio circondante l'abitato. In ogni caso il nome Le Castella non è il nome della fortificazione ma il toponimo del territorio circostante. La fortezza ha subito tanti cambiamenti nel corso dei secoli ed ha assunto l'aspetto attuale nel '500 sotto il dominio aragonese.
Le Castella è un posto molto bello con un mare limpido verde cobalto e tante attività turistiche che sono situate lungo il corso che porta verso la fortezza. Sempre lungo il corso c'è la Chiesa della Visitazione della beata Vergine Maria dove sono presenti la Statua di Santa Maria de Castellis, detta anche Stella Maris e un quadro di scuola napoletana settecentesca della Visitazione di Santa Elisabetta, di cui la rassomiglianza con la Visitazione del pittore Mariotto Albertinelli è così accentuata quasi da risultarne una copia che l'autore avrà attinto dal suddetto.















Le Cannella. Oltre alle spiagge di Capo Rizzuto e de Le Castella, Isola Capo Rizzuto offre la possibilità di immergersi nelle acque verdi di Le Cannella, una località che si raggiunge percorrendo una strada stretta che attraversa il paese e poi va verso sud-est fin quando si arriva presso un gruppetto di case isolate con poche strutture turistiche. Una volta giunti a destinazione, ci si affaccia su una scogliera che permette di vedere una spiaggia sabbiosa con granelli grossi color argilla che ricordano la cannella da cui deriva il nome di questa area marina del crotonese. Siamo rimasti fino a sera in modo da goderci quei colori del tramonto che rendono ancora più prezioso il paesaggio, come si può vedere dalle foto.






Santa Severina. Antico Borgo medievale del Crotonese
In uno dei tanti pomeriggi vacanzieri, abbiamo deciso di visitare uno dei borghi più belli di Italia, Santa Severina. Si trova a circa 50 km da Isola su una piccola collina che guarda verso il mar Jonio. La bellezza del borgo è impreziosita dalla presenza di un castello di epoca normanna, costruito su una precedente fortificazione bizantina. Con il supporto dell' audioguida, abbiamo potuto visitare e conoscere le varie aree numerate del castello così da arricchire la nostra cultura con la storia della fortificazione nei vari secoli. Difronte al castello si può anche apprezzare la Concattedrale di Sant'Anastasia dedicata alla martire cristiana del VI secolo d.C. e limitrofa al Battistero, l'unico di origine bizantina giunto in modo integro fino ai tempi nostri.












Capo Colonna_Un tuffo nell'Antica grecia
Tra un tuffo e l'altro, il nostro tour storico-culturale è proseguito con un'attenta visita di Capo Colonna, un promontorio sito otto chilometri a sud di Crotone, che costituisce la punta più orientale della penisola calabrese e costituisce il limite meridionale del golfo di Taranto. La sua importanza risiede nella quantità di elementi archeologici di diverse epoche che sono legati a questa punta di terra protesa sullo Ionio. Questa area, nota anticamente come Capo Lacinio, deve il suo nome moderno all'unica colonna rimasta eretta del Tempio di Hera Lacinia, che fu uno dei santuari più importanti della Magna Grecia dall'età arcaica fino al IV secolo a. C.
La nostra gita ha previsto tre tappe:
1. visita al museo archeologico dove vi sono tanti resti del tempio e numerosi materiali persi dalle imbarcazioni antiche affondate nei pressi di Capo Colonna e poi rinvenute
tramite ricerche di speleologia subacquea.
2. passeggiata tra gli scavi dell'antico tempio fino ad arrivare sotto la colonna che guarda verso il mare.
3. ingresso nella Chiesetta che ospita la Madonna di Capo Colonna, raffigurata in un quadro di origine bizantina, portato in processione notturna la terza domenica di maggio. Questo dipinto, attribuito all'evangelista Luca, era stato rapito dai turchi, i quali non riuscendo né ad incendiarlo e né a far muovere la nave, lo buttarono in mare. Infine venne ritrovato da un pescatore sulla spiaggia, custodito e donato ad un convento. Questo evento viene ricordato ogni anno con la processione notturna.









Torre Scifo e il relitto romano
Accaldati dal sol leone che ci ha accompagnati durante la visita di Capo Colonna, abbiamo deciso di rinfrescarci nelle acque cristalline di Torre Scifo. Sulla costa si erge una torre antica, risalante ai primi anni del 1600, che rientrava in un piano di difesa che vide la costruzione di diverse torri lungo il litorale calabrese ad opera di Carlo V.
Lo “skyphos” è un tipo di vaso greco, una profonda coppa per bere con due piccole anse posizionate appena sotto l’orlo. Il termine “Xifo” quindi, poi trasformato in “Scifo” significa appunto recipiente d’acqua, infatti era da questa località che i greci facevano incetta di viveri e acqua prima di partire per le varie spedizioni.
Nella Baia di Scifo è stato ritrovato un relitto di epoca romana che trasportava delle lastre di marmo provenienti dall’Asia Minore e utensili di diversa fattura. Il carico si presenta sparso sul fondale, a circa 7/8 metri di profondità, concentrato in due zone contigue, come se al momento del naufragio lo scafo si fosse spezzato in due tronconi. Su alcuni blocchi di marmo sono state identificate alcune iscrizioni di cava riportanti la data del 197 d.C. e da questo si è ipotizzato un probabile inabissamento della nave attorno ai primi anni del III secolo. Attualmente è possibile visionare parte del materiale recuperato presso il museo archeologico di Capo Colonna.



Crotone, la città di pitagora
MARE LIGURE: UN PEZZO DELLA RIVIERA DI PONENTE
Il mare rilassa, emoziona, diverte...la riviera ligure è davvero spettacolare ed è sempre una scoperta... tra tuffi, passeggiate e degustazioni di buon cibo, si riesce ogni volta ad ammirare le meraviglie di posti davvero magici. Nell'ultimo week-end di fine giugno '24, abbiamo potuto apprezzare le bellezze di alcuni paesini del Savonese come Ceriale, Borghetto Santo Spirito, Loano, Borgio Verezzi, Pietra Ligure e Varigotti così da crearci un momento relax in mezzo alla sessione degli esami di fine anno. Il tempo è stato poco clemente, il mare era freddo e agitato ma siamo comunque stati baciati da un timido sole, le passeggiate sui lungomari sono state rigeneranti e il buon cibo ha allietato i nostri palati.
Varigotti




Borghetto Santo Spirito





Borgio Verezzi






Pietra Ligure



Riserva naturale: Ciciu del Villar
Se volete trascorrere dei momenti spensierati, vi consiglio di percorrere quei sentieri scoscesi che permettono di visitare la riserva naturale dei "Ciciu" di Villar San Costanzo in provincia di Cuneo. L'area dei Ciciu del Villar rappresenta, dal punto di vista naturalistico, un'autentica rarità all'interno del patrimonio ambientale piemontese, sia per le importanti peculiarità geologiche - le caratteristiche colonne di erosione a forma di fungo - che la rendono unica nel suo genere, sia per la ricchezza della fauna che è possibile osservare nei pochi ettari destinati a protezione.
La riserva naturale è stata istituita nel 1989, ed è amministrata dal Parco del Marguareis; si trova a Villar San Costanzo, in località Costa Pragamonti (Val Maira), ad una quota compresa tra 650 e 950 metri, e si estende su una superficie di 64 ha. La riserva è nata per proteggere un fenomeno di erosione molto particolare: le "colonne di erosione" (anche chiamate "piramidi di terra", o "Cicio 'd pera" in piemontese), che si ergono ai piedi del massiccio del monte San Bernardo.
Queste formazioni sono sculture morfologiche naturali, con una tipica forma di funghi, il cui cappello è costituito da un masso erratico (anche di notevoli dimensioni) ed il cui gambo è costituito da terra e pietrisco. In quest'area queste colonne di erosione prendono il nome popolare di ciciu, parola in lingua piemontese (secondo la cui grafia andrebbe scritta come cicio]) che significa pupazzo o fantoccio.
La formazione dei Ciciu rappresenta un fenomeno geologico molto interessante causato da una combinazione di importanti fenomeni di erosione:
I "ciciu" si sono formati presumibilmente al termine dell'ultima era glaciale, in seguito allo scioglimento dei ghiacciai che portò il torrente Faussimagna (affluente di sinistra del torrente Maira) ad esondare, erodendo le pendici del monte San Bernardo e trasportando a valle un'enorme massa di detriti. Questo portò alla formazione di un conoide alluvionale costituito da un terreno rossiccio, ricco di sostanze ferrose, che costituisce i gambi degli attuali funghi di erosione. In seguito, presumibilmente per effetto di frane e terremoti, rotolarono a valle diversi massi staccatisi dal monte San Bernardo: pietre di colore più scuro, che ricoprirono il terreno alluvionale. A poco a poco il Faussimagna ricoprì anche le pietre scure, fino a quando, per effetto dei violenti movimenti tettonici avvenuti durante il Pleistocene superiore, il terreno subì un improvviso innalzamento, e il fiume si ritrovò a scorrere più in basso. Iniziò quindi ad erodere il terreno, riportando alla luce i sassi che aveva ricoperto, arrotondandoli e levigandoli a poco a poco. Allo stesso modo il terreno subì l'azione erosiva degli agenti atmosferici: ma mentre il terreno poco coerente del versante della montagna venne portato via facilmente, i sassi fornirono una sorta di "protezione" alle colonne di terreno sottostanti, riparandoli come se fossero ombrelli. Il risultato è quello che vediamo ancora adesso, con i massi erratici sorretti da colonne di terreno: dei camini delle fate.
L'azione erosiva non si è ancora fermata ai nostri giorni: continua ad avvenire, per effetto delle piogge e dei rigagnoli che si formano dopo di esse, ma in modo più lento. Tuttavia, accade talvolta che la colonna di terreno che sorregge un masso, per effetto dell'erosione, diventi troppo sottile: in questo caso il "ciciu" si distrugge ed il masso rovina a terra, esponendo il gambo a un'erosione accelerata, e proteggendo dal dilavamento una nuova porzione di terreno (ponendo quindi una situazione favorevole alla creazione di un nuovo ciciu, anche se i tempi sono ovviamente molto lunghi).
Lo studio effettuato nel 2000 ha poi evidenziando la presenza di almeno due diverse generazioni di colonne di erosione: i "ciciu" si sarebbero quindi formati in almeno due fasi evolutive distinte.
I "ciciu" sono funghi rocciosi composti, come si è detto, da due parti: da un "cappello" di gneiss occhiadino, un tipo di roccia metamorfica di origine magmatica caratterizzata da bande grossolane di minerali alternativamente chiari e scuri, tipica del massiccio Dora-Maira (dominio geologico alpino che si estende dalla bassa Valle Maira alla media Valle Susa); e da un "gambo" di terra e pietrisco, costituito prevalentemente da una frazione fine (al 90% limo e sabbia, al 10% argilla), a cui si aggiungono frammenti di quarzo, gneiss e micascisti: una miscela molto friabile, cementata da una matrice silicea ricca di ossidi di ferro, che le conferisce il tipico colore rossastro.
La riserva non protegge solo le strutture dei "ciciu", ma vi si trovano anche una fauna e una flora molto ricche. Il bosco in cui è immerso il "giardino roccioso" è composto prevalentemente da querce roverelle e castagni, ma è stata stimata la presenza di circa 300 specie floristiche diverse. L'abbondante vegetazione svolge anche un compito "morfologico", rallentando l'azione erosiva degli agenti atmosferici e proteggendo così i "ciciu". La fauna è quella tipica della zona: vi si trovano molte specie di uccelli, fra cui il picchio muratore, il picchio rosso minore, il picchio verde, la cincia dal ciuffo e la cinciarella, il codibugnolo, il fiorrancino, il regolo, la poiana, il falco pellegrino, la civetta, l'allocco e il barbagianni. Fra i mammiferi la presenza predominante è costituita dai ghiri, ma è stata segnalata la presenza anche di scoiattoli, volpi, cinghiali, caprioli, donnole, faine e tassi.









BIELLA, IL SANTUARIO DI OROPA, POLLONE E LA BURCINA...
Prima in autunno, poi in primavera siamo stati nella zona di Biella per rivedere dei cari amici lucani di infanzia. Biella, situata nel Piemonte settentrionale, ai piedi delle Alpi, è una bella città di origini medievali con più di 40 mila abitanti. Ha avuto il massimo sviluppo nel XIX grazie alla nascita e all'affermazione delle industrie tessili. Tanti paesani lucani sono emigrati nel secondo dopoguerra in questa parte del Piemonte, trovando occupazione nel settore secondario. Anche mio padre ha lavorato nel settore edile per un breve periodo risalente agli anni 60.
Il Piazzo, borgo medioevale che costituisce la parte alta di Biella, è considerato il cuore della città e fino al XIX secolo era sede del municipio. All'interno del borgo si possono ammirare spunti architettonici tipicamente medioevali come piazza Cisterna e la duecentesca chiesa di San Giacomo. Il borgo è collegato al resto della città con numerose coste e salite medioevali, ma vi si può accedere più comodamente utilizzando la funicolare.
Nel centro città, invece è situato il duomo, dedicato al patrono Santo Stefano. Sempre nella città bassa si trovano importanti monumenti come il Battistero romanico (X-XI secolo) con all'interno affreschi del XIII secolo e la rinascimentale basilica di San Sebastiano (1504), ancora intatta all'interno, conserva ottime pitture di artisti piemontesi, tra i quali anche Rodolfo Morgari (Il profeta Daniele, affresco dei pennacchi della cupola, risalente al 1866). Il chiostro di San Sebastiano ospita il Museo del Territorio, in cui sono esposti reperti di una necropoli romana, ceramiche e quadri, soprattutto degli ultimi due secoli.
In una tiepida giornata autunnale, siamo andati in un grande luogo di culto che è il Santuario mariano di Oropa, situato a una dozzina di chilometri dal capoluogo e meta di pellegrinaggi di devozione mariana. Il Santuario è dedicato alla Madonna Nera e si trova a 1159 m di altitudine. Secondo la tradizione, il santuario di Oropa sarebbe stato fondato da Sant'Eusebio vescovo di Vercelli nel IV secolo. Benché questa tradizione non goda di riscontro documentale, certo è che Eusebio diffuse il Cristianesimo e la devozione mariana nelle valli biellesi. Sui volti della Vergine e del Bambino, a differenza del resto della statua, non si ferma mai la polvere: una volta all'anno, viene pubblicamente effettuata una pulizia passando un panno sulla statua e sui volti. Il panno che terge i volti rimane pulito a differenza del panno passato sul resto della statua. Il Manto della Misericordia per la V Centenaria Incoronazione della Madonna di Oropa è stato realizzato con 15.000 pezzi di stoffa donati dai fedeli. In occasione della V Centenaria Incoronazione, unitamente alla corona, è stato offerto un manto alla Madonna di Oropa: un manto che discende dalla corona e che rappresenta tutta la comunità. Da quando è stato lanciato il progetto, nel 2018, sono giunti 15.000 lacerti di stoffa in Santuario. Ogni persona ha affidato alla Madonna un frammento della propria vita, ricordi di momenti di gioia, di dolore, accompagnandolo con un’intenzione di preghiera. Anche mia cugina mi ha raccontato di aver mandato un pezzo di lenzuolo del suo primo letto come segno di riconoscenza alla Madonna.
Un ulteriore ritorno in primavera ci ha permesso di visitare un luogo di rilievo turistico ambientale: il Parco della Burcina, riserva naturale con flora protetta che si trova tra i Comuni di Pollone e Biella. È intitolato a Felice Piacenza, principale fautore dell'area verde e figlio di colui che ne acquistò per primo l'area, ovvero Giovanni Piacenza, industriale del settore della lana, nativo di Pollone, che nella prima metà dell'Ottocento decise di adibire a parco il colle della Burcina ispirandosi allo stile del giardino paesistico in voga in Inghilterra fin dal XVIII secolo. Le prime piante esotiche ad essere impiantate (prettamente grosse sequoie) riguardarono la parte bassa della collina dove, contestualmente alla creazione dei primi sentieri, venne realizzato nel 1848 un piccolo laghetto con fontane, presente ancor oggi. L'opera di ampliamento del parco fu poi portata avanti da Felice Piacenza che vi dedicò oltre cinquant'anni della sua vita, facendo realizzare una spettacolare conca di rododendri e implementando la realizzazione di sentieri, strade e vialetti oltre naturalmente la messa a dimora di ulteriori specie esotiche. E' conosciuto in tutto il mondo per la sua eccezionale conca dei rododendri, a cui sono riservati circa due ettari su cinquantasette del complesso e la cui massima fioritura si ha nei mesi di maggio e giugno. Proprio a fine giugno abbiamo potuto ammirare questo spettacolo floreale grazie ad una lunga passeggiata che ci ha permesso di raggiungere la cima; durante il percorso abbiamo potuto godere del buon cibo di cui il mio amico di infanzia, Ale ci ha omaggiati.
Biella






Delizia preparata da Ale
Il Santuario di Oropa






Il parco della Burcina






Mondovì, la città delle mongolfiere.
Si ritorna sempre dove si è stati bene: il bel ricordo della mia esperienza di insegnamento all" "Anna Franck" di Mondovì mi ha spinto a visitare dopo 10 anni questa bella cittadina cuneese. In compagnia della mia compagna e di un caro amico di infanzia, abbiamo trascorso un sereno 25 aprile che si è concluso con una passeggiata nei vicoli dell'elegante città monregalese.
Mondovì ha poco più di 22 mila abitanti e si trova tra pianura, collina e montagna: la parte Nord si trova verso Torino da dove dista 90 km; la parte posta su un colle guarda ad Est verso le Langhe mentre verso su-ovest guarda verso le Alpi. La città è a 63 km dalla riviera ligure di Savona da cui è separata dalle Alpi ligure dove sono presenti importanti località sciistiche quali Lurisia, Fabrosa, Artesina, Prato Nevoso...
È su più livelli: il rione Piazza, posto sulla collina (560 m s.l.m.) denominata del Monte Regale (da cui il nome dei suoi abitanti), è il nucleo originario; i rioni di Breo, Pian della Valle, Carassone, Borgato e Rinchiuso sono collocati in basso, lungo il torrente Ellero (affluente del Tanaro), ebbero il loro massimo sviluppo tra '700 e '800, con la nascita di attività manifatturiere, di fabbriche e con l'arrivo della ferrovia; il rione Altipiano è la zona residenziale più abitata e moderna.
Antichi insediamenti romani sono stati rinvenuti in località Breolungi che, in epoca successiva, costituì un importante avamposto bizantino, prima che vi si insediassero i Longobardi. La città verrà fondata nel 1198, contemporaneamente alla nascita di Cuneo ma presto verrà conquistata e poi distrutta dal vescovo di Asti per essere poi ricostruita nel 1232 e grazie alla formazione di una lega con Milano, Savigliano e Cuneo, riuscirà a resistere ad ulteriori attacchi degli astigiani. Nei secoli successivi finì sotto il dominio degli Angioini, poi dei Visconti, poi dei Marchesi del Monferrato, poi degli Acaja e infine dal 1418 dei Savoia. Proprio sotto il loro Regno, nel 1500 raggiunse il massimo splendore divenendo la città più popolosa del Piemonte ed qui che venne stampato il primo libro in Piemonte e fu anche la sede dell'Università piemontese. Un data importante per Mondovì è l'8 giugno 1338 quando il Papa istituì la diocesi del Monte Regale e la città divenne sede vescovile lo è tutt'ora in contrapposizione ad Asti che, durante lo Scisma di Occidente, divenne fedele all'Antipapato francese. La città è stata occupata dai francesi nel 1537 ma dopo alcuni decessi i Savoia, grazie ad alcune battaglie, restaurarono il loro dominio. La città è finita anche sotto il controllo di Napoleone e finì con l'appartenere all'Impero francese per essere poi restituita ai Savoia. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la città venne occupata dai nazisti che imposero molte restrizioni e solo nell'aprile del 1945 sarà di nuovo libera.
Il simbolo della città è la Torre civica del Belvedere, nei pressi di Mondovì Piazza: la struttura è stata originariamente edificata nel XIV secolo come campanile dell’antica chiesa di Sant’Andrea e lo è stato fino al suo abbattimento per volontà di Napoleone Bonaparte nel 1802. Successivamente la torre è stata denominata "dei Bressani" dal nome dell’importante famiglia che la utilizzò come simbolo di prestigio e potere, vista la sua posizione strategica che permette di avere un panorama spettacolare sulla Langa, la pianura e le Alpi e sull'abitato. Dal 1933, sul lato est della Torre, è ospitata una lapide dedicata al geofisico mondovita Giovanni Battista Beccaria, che nel 1762 la utilizzò come punto trigonometrico per la determinazione dell’arco meridiano passante per il Piemonte.
Davvero particolare è la Funicolare, completamente rinnovata nel 2006, che unisce il centro storico di Piazza a quello di Breo permettendo ai passeggeri di avere una veduta sulla Città e sulle Alpi.
Nella nostra passeggiata, abbiamo potuto anche onorare quei tanti partigiani che si sono opposti al dominio nazi-fascista in quegli anni difficili di occupazione della città; se ora siamo delle persone libere, lo dobbiamo anche alle loro battaglie. Abbiamo prima visitato Mondovì Breo e poi grazie alla funicolare, siamo saliti nella località di Piazza dove abbiamo potuto ammirare le meraviglie storiche della città. Da veri turisti, ci siamo anche imbattuti in un negozio di souvenir in cui si potevano acquistare prodotti di ceramica con il simbolo del gallo. Sono accessori prodotti dall'artigianato locale e dipinti a mano: ormai da secoli il gallo è per i monregalesi simbolo di fierezza e un portafortuna regalato in occasioni importanti per augurare buona salute.
Mondovì è un'importante attrattiva turistica per il bellissimo festival delle mongolfiere che ha luogo in questa città; ogni anno si ha il Raduno Aerostatico Internazionale dell’Epifania, che nel 2024 è giunto alla sua 36° edizione. Nel mese di Gennaio, appunto, Mondovì sfoggia il suo titolo di Capitale delle Mongolfiere ospitando decine di palloni aerostatici dalle forme più diverse: pinguini, koala e rinoceronti sono solo alcune delle forme che si possono ammirare mentre le mongolfiere sorvolano il Parco Europa ed i territori circostanti.















Mantova, La CITTà DEI GONZAGA
Con la mia compagna, ieri sono stato a Mantova, città rinascimentale dal noto spessore storico-culturale. Abbiamo partecipato ad un viaggio organizzato che partiva da Pinerolo. Il tempo non era bello, anzi diluviava. Mentre la pioggia era battente, ci siamo riparati su un battello che ci ha permesso di navigare sul Mincio: un'esperienza suggestiva, grazie alla quale abbiamo conosciuto la storia della città che ci ha raccontato una guida molto brava e abbiamo esplorato il parco fluviale ricco di flora e fauna. Abbiamo visto un cormorano che pescava sotto il temporale, un altro rannicchiato su un albero in mezzo al fiume, delle cicogne adagiate sulla riva. Il viaggio si è concluso con un buon pranzo a base di specialità tipiche: salumi con polenta, lasagna alla zucca e salsiccia, stracotto di maiale con patate al forno e "sbrisolona" alle mandorle. Il pomeriggio è stato dedicato alla visita della città dei Gonzaga: il sole è tornato a splendere, la luce ha valorizzato i monumenti del centro città rendendoli magici ai nostri occhi: tra gli altri abbiamo visitato il Castello dei Gonzaga, la Basilica di San'Andrea, la dimora del Rigoletto, i portici, la rotonda di San Lorenzo, la Torre dell'Orologio...
















Lione e la Fête des Lumieres
Il 9 dicembre 2023 siamo andati a Lione insieme ad un gruppo di amici e abbiamo potuto ammirare questa bella città ricca di cultura e tradizioni. La grande devozione dei lionesi verso l'Immacolata Concezione ha radici lontane: dal 1643 il popolo francese chiede a Maria di essere protetti dalle sventure della vita dedicandole la festa delle luci con la quale si apre il periodo natalizio. "Merci Marie" domina la città dall'alto della Cattedrale del Fourviere. Quest'anno c'erano ben 24 istallazioni luminose dislocate nelle varie piazze che si potevano ammirare dopo le 18; nella piazza più importante della città abbiamo ammirato una gigantesca ruota panoramica mentre nella Place Carnot ci siamo divertiti a comprare i doni di Natale tra le numerose bancarelle dei Mercatini.
Lione, con i suoi più di 500 mila abitanti,è la terza città più popolosa della Francia dopo Parigi e Marsiglia. La città sorge alla confluenza di due fiumi, il Rodano e la Saona ed è composta da un centro storico (Vieux Lyon, Fourvière, Saint Jean) e da un centro più moderno con la Place des terreaux, la Place Bellecour e la Rue de la République sulla Penisola, quartiere tra Rodano e Saona.
Sarà perché Lione è la capitale gastronomica della Francia, questa volta ci ha stupito anche il cibo: infatti si può degustare dell'ottimo cibo nella Vieux Lyon dove ci sono i Bouchons: tanti piccoli locali che si affollano nei vicoli della Città Vecchia che fanno da cornice alla Cattedrale di Saint' Jean dove il pellegrino si inginocchia difronte alla maestosità del Creatore. Dalla salade lyonnese fino ai ravioli gratinati al forno in una gustosa crema al gorgonzola, passando per lo street food della raclette per deliziarsi infine con i magnifici dolci a base di chocolat.
Lyon et ses monuments








La Fete des Lumieres








LeS Buochons de la Lyon Vieux












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